THE SECOND NIGHT: THE MASQUE
Il Supper viene consumato in fretta perché gli ospiti intendono onorare il Segnior Philoxenus con un MASQUE(17). Mentre gli altri si intrattengono in danze e conversazioni, le Maschere si ritirano e rientrano solo alle 9,00.
A consort of swéete Musicke, sounded the knowledge of their comming: the Musicians, in Gyppons and Venetians of Russet and Black Taffata, bended with Murrey, and thereon imbrodered this Poesie. Spero, Timeo, Taceo: expressing thereby the sundry passions of Loue: and before them, two Torchbearers, apparelled in yellow Taffata Sarcenet: the generall apparell of the Maskers was shorte Millaine Clokes, Dublet and Hose of Gréene Satten bordered with Siluer Gréene silke stockes, white Scarpines Repyers and Daggers Siluered, Black Veluet Cappes and White Feateners (G r).
Le fogge degli abiti hanno una loro importanza simbolica e ogni personaggio indossa i colori della propria Signora(18). Ismarito, poiché straniero e legato alla Lady più onorevole del gruppo, capeggia il Masque e illumina con una torcia la pagina su cui legge. Indossa un abito di taffetà Bianco, Blue e Rosa e ha in mano un ventaglio.
Si presenta alla sua Signora con la poesia Te stante virebo, in cui “were (covertly hid) these verses in English Italion” (G v)
Two Soueraigne Dames, Beauty and honestie,
Long mortal foes, accorded are of late:
And now the one dwels in my Mistresse eye,
And in her heart the other keepes her state.
Where both to shew the vertue of this peace,
To garnish her, make ryot of their Grace;
In her fayre eye, Dame Beauty doth increase,
A thousand Gleames that doe become her face.
And with her heart thus doth the other deale,
She lowly seemes, and mounts through chast disdayne,
So that her thrals doo serue with honest zeale,
Or fearing blame, doe yeélde unto their paine.
The heauenely soules envies the earths renowne:
Such giftes divine in humaine shape to see,
And Iove stil moues, a Goddesse her to crowne:
Which is decreed, when nature shall agree.
Thus happy I (in Fortunes frownes long whirld)
A Goddesse serue, and Soueraigne of the world(19).
Bergetto segue Ismarito e indossa i colori della sua Signora: il Verde, il Rosa e il Bianco. Porta una maschera con la bocca chiusa da un piccolo lucchetto d’oro, a testimonianza dell’esecuzione dell’ordine della sua Dama. Recita i versi:
Hence burning sighes, which sparkle from desire,
To pitty melt my Mistresse frozen Hart:
Her frozen hart, that Fancy cannot fire,
Nor true intent, perswade to run my smart.
Haste, haste, I pray, the I eye passage breake,
And bleade for him that is forbid to speake.
What though at first, you faile to calme her rage,
Yet as the Sunne from earth doth draw the Raayne,
Your vertues so, the stormes of scorne may swage,
Of feede Desire, with showers of disdaine.
For even as drinke doth make the Dropsie drie,
So colde disdaine compels Desire to frie.
Her will be done; but I haue sworne to loue,
And with this vow, will nourishe my delight:
Her scorne, my woe, nay, time may not remoue,
A faithful zeale out of my troubled spright.
Yea more then al, Ile Sacrifice my blood.
And fire my bones, to doe my Mistresse Good(20)
Segue Soranso vestito di Arancione, Bronzo e Verde, il cui lato sinistro lascia intravedere, come se il corpo fosse squarciato, un cuore di seta rosso.
Cade ai piedi della sua Signora e recita un Sonetto:
Even as the Hart deadly wound that hath, Retyres himselfe, with sighes to solace griefe: And with warme teares his gored sides doth bath, But finding mone to render smal reliefe: Impatient Beast, he giues a heauy bray, And hastes the Death, that many would delay. So I whose Loue, beyond my hap doth mount, Whose thoughts as Thornes, yet prick me with Desire: Whose sute and zeale returns with no accompt: Whose hope is drye, set in a harte of Fire: Holde this for ease, foorthwith to spoyle the eye, That lookte and lou’de then in desoayre to dye. A happy Doome, if for law might stand, But me condemnde, themselves may not dispatch: Thei lives and deathes, are in their Soueraigne hand. So mine in hers whose Lookes did me, attach: And therefore I, to pardon or to kill, Must yeeld my selfe, the Prisoner of her will. L’ENVOY. Then Lady fayre, receiue what longes to thee,
A fettered thrall, attyred with disgrace, And at thy feete, his wounded heart here see, And in the same, the Image of thy face? Which bleeding fresh, with throbs throwes forth his mone Rueth, rueth, deare Dame, for that I am your owne(21)
Il quarto ad apparire sulla scena è Dondolo, vestito di taffettà Blue, Nero e Bronzo. Ha rivolto verso il petto uno specchio in posizione inclinata con l’intento di mostrare direttamente al suo cuore la bellezza della propria Signora; col pensiero scrive sul lato più in evidenza Basta che spero(22) e si presenta a Lucia Bella. Il Sonetto si legge riflesso nello specchio:
From shore to sea, from dales to mountaines hie, From meddowes fayre, amid the craggie rocke, Loue doth me leade, I know not whither I, But evermore a passage doth unlocke. Now doe I sight, now weepe, now death I feare, In all these stormes, yet loue healme doth steare. In desart woods I wander too and fro, Where I wilde beastes, and firie Serpents meete. Yet safe I passe, Loue doth direct me so. In tempests rough, my barke doth alwayes fleete, Yea, when Sun, Moone, and starres forsake the skie, Loue giues me light, from my faire Mistresse eye. I mount heaven, I know not with what winges, I sinke to hell, yet drowne not in distresse: Twixt Ice and flame. Loue me in safety bringes, But to what end? in sooth I cannot gesse: Yet hap what shall, Loue giueth me this scope, In dangers mouth, to liue alwayes in hope(23).
L’ultimo ad entrare è Faliero, vestito di taffetà color Pesca, Giallo e Verde. Porta una Tartaruga Bianca con in bocca i versi di un Sonetto tradotto testualmente da Petrarca(24):
If on firme fayth, one Hart uncharg’d with fraud, One langour sweete, one wish desire doth moue: If honest Zeale, a gentle brest doth lawde, If wandering long, in the Lab’rinth of Loue, If wan pale cheekes, are witnesses of woe, If reakin sinhs throwne from a burning heart: If all these, and thousand sorrowes moe, Faire Mistresse, looke but in my Meagre face, And you shall reade, that I have neede of Grace.
Le Maschere entrano in quest’ordine e con questi devices e, dopo aver salutato Queen Aurelia e il resto della compagnia, si collocano sui due lati della sala e, dopo un giro di ballo con le rispettive dame, escono di scena nello stesso ordine in cui erano entrati.
Tutti lasciano la Sala, perchè il giorno sta per finire e
The starres seems to shoote the skie, Towards the breake
of day (G3 v).
Note
17 Drama in verse, often with music, dancing, fine costumes and pageantry, especially as given in castles and great mansions in England during the 16th and 17th centuries
18 In tutto il libro è evidente questo interesse molto forte per i significati simbolici come, in questo caso, gli abiti dei personaggi del Masque. Izard, op. cit., cap. IV, pag. 121:
“Along with his contemporaries Whetstone also entertains a consuming interest in cryptic heraldic symbols, which he called ‘devices’...The symbolism is sometimes applied also to clothing-russet satin guarded with black velvet, for example, indicates both hope and dread on the part of the wearer. In discussing the reading and education of Philoxenus, Whetstone affirms that every Gentleman should be skilled in heraldy...”
19 Questi venti versi utilizzano lo stesso concetto espresso da Petrarca nel Sonetto XXIX dopo la morte di Laura, Due gran nemiche, insieme erano agiunte. Si tratta di un adattamento, come spesso avviene nei Sonetti di Whetstone. Questi senz’altro conosceva Il Canzoniere di Petrarca, anche se raramente traduceva, cercando più spesso di adattare alla propria creatività poetica i temi del grande trecentista italiano.
Questo il Sonetto originale di Petrarca:
Due gran nemiche insieme erano agiunte
Bellezza et Onestà, con pace tanta
che mai repellion l’anima santa
non sentì poi ch’a star seco fur giunte.
Et or per morte son sparse e disgiunte:
l’una è nel ciel, che se ne gloria, e vanta;
l’altra sotterra, ché begli occhi amanta,
onde uscir già tant’amorose punte.
L’atto soave e ‘l parlare saggio umile
che movea d’alto loco, e ‘l dolce sguardo
che piagava il mio core (ancor l’accenna),
sono spariti; e s’al seguir son tardo,
forse averrà che ‘l bel nome gentile
consecrerà con questa stanca penna.
20 Anche questa poesia è un adattamento da Petrarca e precisamente dei primi versi del Sonetto CXX, durante la vita di Laura Ite caldi sospiri, al freddo core
Ite caldi sospiri, al freddo core;
remoete il ghiaccio che pietà contende,
e se prego mortale al ciel s’intende,
morte, o mercè sua fine al mio dolore.
Ite, dolci penser, parlando fòre
di quello ove ‘l bel guardo non se stende:
se pur sua asprezza, o mia stella n’offende,
sarem fuor di speranza e fuor d’errore.
Dir se pò ben per voi, non forse a pieno,
che ‘l nostro stato è inquieto e fosco,
si come ‘l suo pacifico e sereno.
Gite securi omai, ch’Amor ven vosco;
e ria fortuna po’ ben venir meno,
s’a i segni del mio sol l’aere conosco.
21 Il Sonetto recitato da Soranso, pur non avendo espliciti riferimenti all’adattamento di temi petrarcheschi, può ricordare le immagini del 189° Sonetto durante la vita di Laura:
Passa la nave mia colma d’oblio
per aspro mare, a mezza notte il verno,
enfra Scilla e Cariddi; et al governo
siede ‘l signore, anzi ‘l nemico mio;
a ciascun remo un penser pronto e rio
che la tempesta e ‘l fin par ch’abbi a scherno; la vela, rompe un vento umido, eterno,
di sospir, di speranze, e di desio;
pioggia di lagrimar, nebbia e sdegni
bagna e rallenta le già stanche sarte,
che son d’error con ignoranzia attorto.
Celansi i duo mei dolci usati segni;
morta fra l’onde è la ragion e l’arte,
tal ch’i’ ‘ncomincio a desperar del porto.
22 In Italiano nel testo.
23 Esplicito riferimento al tema di questo Sonetto si trova nella Canzone CXXIX, durante la vita di Laura, Di pensier in pensier di monte in monte di Petrarca; la cui I strofa recita:
Di pensier in pensier, di monte in monte
mi guida Amore; ch’ogni segnato calle
provo contrario a la tranquilla vita.
Se ‘n solitaria piaggia, rivo o fonte,
se ‘n fra duo poggi siede ombrosa valle,
ivi s’acqueta l’alma sbigottita;
e, come Amor l’envita,
or ride or piange, or teme or s’assecura:
e ‘l volto, che lei segue ov’ella il mena,
si turba e rasserena
et in un esser picciol tempo dura;
onde a la vista uom di tal vita esperto
diria: Questo arde, e di suo stato è incerto.
24 È Il Sonetto CLXXXVIII durante la vita di Laura S’una fede amorosa, un cor non finto, che recita:
S’una fede amorosa, un cor non finto,
un languir dolce, un desiar cortese;
s’oneste voglie in gentil foco accese,
un lungo error in cieco laberinto;
se ne la fronte ogni penser dipinto,
od in voci interrotte a pena intese,
or da paura, or da vergogna offese;
s’un pallor di viola e d’amor tinto;
s’aver altrui più caro che se stesso;
se sospirare e lagrimar mal sempre, pascendosi di duol d’ira e d’affanno;
s’arder da lunge et agghiacciar da presso, son le cagion ch’amando i’ mi distembre, vostro, donna, ‘l peccato, e mio fia ‘l danno.