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e individua il valore del Novelliere di Bandello (1551-1573) non nei singoli racconti, ma nella loro totalità
...nel numero dei casi, delle persone e delle cose, nello spettacolo infinitamente mobile, che il libro, considerato nel suo effetto totale, sa offrire(40).
   Bandello si preoccupò esclusivamente dell’unità narrativa della novella. Non creò una struttura in cornice, fece solo precedere la narrazione da una lettera, che era, allo stesso tempo, una dedica ad un personaggio dell’epoca ed una descrizione delle circostanze storiche: è, questa, una variazione della struttura in cornice. Bandello fu, dunque, un “innovatore”, che diede vita ad un’“Arte minore”, che sarà il vero e proprio romanzo moderno(41).
    Rimane, comunque, un “letterato”: le sue stesse fonti sono, nella grande maggioranza dei casi, “fonti letterarie”: da Machiavelli, a Vasari, a Doni(42).
    Bandello guarda ai suoi personaggi con simpatia. Appartengono alle più diverse categorie, sono spesso coinvolti in grandi passioni, ma trovano sempre, con la loro intelligenza, il modo di districarsi e uscire anche dalle situazioni più difficili. Alcune novelle sono di carattere romantico e ottimistico(43), altre sono tragiche e derivano da una visione pessimistica dell’uomo e del suo destino(44).
   Giraldi Cinthio esprime un tipo di cultura diverso, frutto dell’affermazione della Controriforma e dell’ormai imperante aristotelismo, che ne accentuano l’intento morale e la ricerca della catarsi. Non per questo, tuttavia, la novellistica ne fu purificata: non era raro, infatti, che i novellieri si abbandonassero alla descrizione di amori illeciti o a particolari licenziosi. Giraldi Cinthio scrisse gli Ecatommiti, una raccolta di 112 novelle, i cui protagonisti, per sfuggire alle conseguenze del “Sacco di Roma”, navigano da Civitavecchia verso Marsiglia e, durante la navigazione, narrano storie d’amore, di atti eroici, di fatti romanzeschi, di burle e facezie. C’è una certa ambizione allo stile dotto, ma Cinthio fu più un erudito, che un artista; c’è l’atteggiamento bandelliano verso la narrazione pura e il romanzesco, ma spesso compaiono elementi truculenti, che, soprattutto in amore, descrivono con evidente compiacenza la ferocia del castigo dopo il peccato(45). Tra i suoi racconti il più famoso, noto anche alla cultura elisabettiana, rimane la novella del Moro di Venezia, da cui Shakespeare trasse il tema dell’Othello.
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Note:

40 Ibidem
41 Salinari-Ricci, Storia della Letteratura Italiana, Bari 1974, vol II, cap. VI, pag. 346.
42 Ivi, pag. 345.
43 R. Pruvost, op. cit., chap. II, par. 1, pag. 104.
44 Ibidem 45 N. Sapegno, op. cit., cap. XII, par. 7, pag. 268:

 

  

 
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