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   L’affermazione del Decameron nell’Inghilterra del ’500 è da considerare, in particolare, per la sua lezione stilistica, che, mettendo in rilievo come la novella potesse avere propria struttura e autonomia narrativa, invogliò anche la prosa inglese a cercare una propria dimensione e un proprio stile, che, al momento, era ancora solo un’idea, non del tutto operante, non del tutto espressa.
    Nella situazione linguistica del tempo si trattava di scrivere in una prosa che avesse l’eleganza e la compostezza del linguaggio classico, utilizzando, però, la lingua inglese evolutasi per lo più oralmente(24).
    La caratteristica peculiare della prosa elisabettiana è proprio la combinazione degli elementi della lingua parlata con quelli più elaborati dell’esercitazione retorica, con la tendenza all’imitazione dello stile ciceroniano. È significativo, che gli scrittori elisabettiani non avessero uno stile uniforme, ma ognuno si contraddistinguesse per una caratteristica propria(25). Ciò era possibile proprio perché, pur essendo la lingua scritta frutto di esercitazione retorica, non ne possedeva l’impersonalità. Lo conferma lo stesso metodo compositivo degli scrittori dell’epoca, infatti
An Elizabethan writer often put his sentences together with the idea that they would be spoken aloud(26).
   Questo metodo si rifletteva anche sulla punteggiatura, basata sul significato, che serviva a scandire il ritmo e i contrasti logici, enfatizzando il discorso(27). Certamente esiste tra la prosa boccacciana e quella inglese una forte differenza: gli scrittori elisabettiani, infatti, per lo più attratti dall’Eufuismo, dimenticarono la lezione di essenzialità e di semplicità, che era nella prosa di Boccaccio(28).
     Le strade dei due tipi di prosa divergono. Quella del trecentista italiano è legata ai contenuti ed è espressione di tutte le più sottili sfumature della realtà; quella inglese, conduce invece a risultati altamente ornamentali e si collega alla tradizione accademica. Nelle traduzioni di Painter, ad esempio, si nota la tendenza a spezzare il periodo boccacciano, a togliere qualche frase e cambiare la punteggiatura e la subordinazione delle proposizioni, per snellire la narrazione. Painter opera anche delle aggiunte:oltre ai commenti morali, la moltiplicazione quasi sistematica delle coppie di sinonimi in sostituzione di denotazioni semplici nel testo originale(29).
    Prendendo spunto dalle considerazioni fatte dai personaggi di Boccaccio, a conclusione delle novelle, o dai commenti alla narrazione, fornisce, poi, ogni novella di un’introduzione e, a volte, anche di una conclusione di ragionamenti morali, creando, così, una vera e propria concatenazione di riferimenti tra una novella e l’altra. Galigani considera queste “le briciole, non dico della struttura, ma della cornice boccacciana”(30).
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Note:

24 D. J. Harris, (a c.d.), Elizabethan Prose (introd. a), pag. 15, nota che la tradizione orale nello sviluppo della prosa elisabettiana fu importante per due ragioni:
“It helped to ensure the use of language to express the whole of a man’s personality his istinct, senses, imagination and emotion as well as his reasoning, and it balanced the art and polish of the Ciceronian ideal with a more robust, impromptu vigour”.
25 Ivi, pagg 18-19: “We cannot truthfully say there is an ‘Elizabethan Style’ for despite their respect for authority the Elizabethans knew they must experiment, and they knew that language was for each man to use in the way that suited him”.
26 Ivi, pag. 14.
27 D. J. Harris (a c.d.), op. cit., Appendix I, pag. 85:
“There is a great variety of usage; certain writers, for instance, are much addicted to the use of a sentence-ending comma followed by a capital letter, which presumably combined speed with emphasis. Many of the commas which strike us as unnecessary interruptions (“Apollo, was god of shooting”) are clear indications of emphasis, and there is no doubt that the Elizabethans did not find their long sentences as confusing as sé do partly because their memories were better trainded partly because they were used to them, but also partly because they knew how to use the punctuation to bring out the pattern and rhythm into which the sense had fallen”.
28 G . Galigani (a c.d.), op. cit., pag. 34:
“... è vano cercare anche negli scrittori inglesi più coltivati e artificiali qualche eco di quell’impiego magistrale che dei vari tipi del ‘cursus’ medievale e del ‘dilettare poetico’ fa il Boccaccio nella sua prosa; la ricerca di una prosa artistica che si avvicini quanto più può alla poesia, si risolve nei parallelismi, bilanciamenti e contrapposizioni delle similitudini tratte dalla pseudo-scienza e nei proverbi...”.
29 Ivi, pag. 47
30 Ivi, pagg. 46-47.

 

  

 
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