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     Ai nostri giorni (le novelle) piacciono per quel che esse apportano di vecchio sentire e di vecchi costumi, o per altri meno intellettuali svaghi dello spirito, ma soprattutto perché si crede di vedervi uno specchio dell’Italia del Rinascimento, così come suol essere atteggiata dalle fantasie dei letterati o degli estetizzanti. Nel qual ultimo riguardo giova non dimenticare che le novelle sono novelle, e solo assai indirettamente testimonianze di vita e, in ogni caso, uno tra molti e diversi documenti che bisogna sapere interrogare per ritrarne la realtà storica: diciamo quella degli storici e non quella dei letterati ed estetizzanti (10).
   La materia delle novelle, in effetti, non sempre assumeva una forma poetica, ma rimaneva allo stato cronachistico, di ragguaglio di fatti accaduti, creduti o immaginati, che suscitavano curiosità e divertimento. Vero teorico di questo tipo d’arte fu Bandello. Altri autori, come Giraldi Cinthio, ne curarono lo stile letterario e la lingua; altri, toscani, disponevano della purezza della lingua nativa, ma non per questo ebbero stile(11).
  L’atteggiamento degli italiani nei confronti della novellistica rinascimentale è stato influenzato dal continuo paragone con Boccaccio. Cosa che, secondo Croce(12) non aveva senso e gene rava giudizi incompleti. L’opera di Boccaccio “simboleggiava l’idea dell’arte, della bellezza e della poesia”; i suoi successori cinquecenteschi non possedevano queste categorie, in base alle quali, invece, si pretendeva di giudicarli. Dove furono, infatti, nel Cinquecento i novellieri-poeti che gareggiassero col Boccaccio, mostrando con lui alcuna affinità spirituale?(13)
   La critica straniera, accogliendo con un atteggiamento positivo i racconti dei novellieri italiani del Cinquecento, li rese materia tradotta e imitata in tutte le lingue e ne trasse spunti di trame per la drammaturgia. Gli stranieri esaltarono soprattutto l’efficacia della rappresentazione dell’“esistenza umana” in quelle
...pitture della vita appassionata degli italiani, le quali stimolarono e fecero circolare più agile il sangue nelle vene degli uomini del Settentrione e li riempirono di un senso, che a essi prima mancava..(14)

Boccaccio nella cultura inglese del Cinquecento.
   I novellieri italiani più seguiti, tradotti e imitati furono Boccaccio, Bandello e Giraldi Cinthio. Le opere di Boccaccio raggiunsero la popolarità europea già tra i contemporanei e furono conosciute anche in Inghilterra nei primi anni del ’400, grazie all’opera di divulgazione fatta da Chaucer(15).
Le opere boccacciane più lette e apprezzate dalla classe colta del ’400 furono, però, quelle latine. Il Decameron costituiva, invece, la lettura preferita della classe mercantile, che ne trovava le novelle molto divertenti e, avendone la possibilità finanziaria, ne fece trascrivere i manoscritti a proprio uso(16).
                                 
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Note:

10 B. Croce, ‘’Novella’’, in Poesia Popolare e Poesia d’Arte, Bari, 1967, (V), pag. 486. Oltre, a pag. 487, specifica: “Quei novellieri cinquecenteschi trattarono solitamente la materia medievale e boccaccesca degli inganni delle donne ai mariti e delle astuzie dei giovani innamorati, delle beffe fatte agli sciocchi delle avventure straordinarie e passionali; e, infine, in modo sempre più copioso, quella degli atti sanguinari, crudeli, delittuosi, attinti alle memorie del passato e alle cronache contemporanee. Talvolta si aggiungevano gli aneddoti riferiti a figure strane e grottesche e caricaturali; e ci fu altresì qualcuno, lo Straparola, che mise le mani sulle fiabe tradizionali e popolari degli orchi e delle fate”.
11 Cfr. Ivi, pag. 487.
12 Ibidem
13 Ibidem.
14 Ibidem
15 Cfr. Edmund Reiss. “Boccaccio in English Culture of the Fourteenth and Feefteenth Centuries’’, in G. Galigani (a c.d.) Il Boccaccio nella Cultura Inglese e Angloamericana, Firenze 1974, pag.15.
16 Cfr. Ian Greenless (introd. a) G. Galigani, op. cit., pag. 25. Il Decameron esprimeva, in effetti, le esigenze di una società nuova, in ascesa e in espansione, che somigliava molto a quella dell’Inghilterra del Cinquecento (Da: G. Boccaccio, Tutte le opere, a cura di V. Branca, Brescia 1969, pref. pag. 8):
“Il Decameron è la poetica ed eterna ‘leggenda di ognuno’ (dell’uomo sempre in lotta fra il male e il bene, sempre diviso fra i piaceri terreni e le speranze eterne), rappresentata al centro della grandiosa ‘commedia umana’ della società medievale europea, che muovendo dall’assetto imperiale e feudale si era forgiata un nuovo volto e una nuova vita nella civiltà dei comuni e delle nuove compagini regionali e nazionali, sotto la spinta poderosa della borghesia e della sua audace organizzazione capitalistica”.

 

  

 
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