G r a z i a N a p o l i
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In questo suo tentativo di inserimento nell’ambiente letterario, ebbe modo di conoscere
le opere dei letterati già affermati ai suoi tempi(19), fu amico di
Gascoigne(20) e del suo figliastro Nicholas Breton(21). Sembra, inoltre,
che fosse membro di una società, non riconosciuta ufficialmente, di aspiranti uomini
di lettere, la fama della maggior parte dei quali è andata perduta. Suoi amici erano
“Nicholas Bowyer, R(obert) C(udden), Humphrey Turner, Abraham Fleming, and John
Wytton...”(22).
Nel panorama letterario del tempo, Whetstone, letterato
che scriveva per la “ruling class”, manifestò viva e sincera simpatia per l’uomo
comune, pur non dimenticando mai di far seguire alla sua firma la parola “Gentleman”(23).
L’opera per eccellenza dedicata alle classi popolari è The Censure of a Loyall Subject
(1587), che ha la forma del Dialogo, con ambientazione popolare: il protagonista
è un Sarto(24). Whetstone, infatti, pur avendo un gusto letterario molto
raffinato, di stampo aristocratico, con una prosa elegante e difficile, alterna
volentieri tutto questo a pezzi di realismo molto incisivi, specie nelle novelle(25).
Lo studio della Retorica era uno degli elementi fondamentali dell’istruzione dei
giovani aristocratici elisabettiani(26) e influenzò anche Whetstone nella ricerca di uno stile
prosastico. Si proponeva, infatti, di perseguire il decorum, che connotava uno stile
appropriato, proporzionato e di buon gusto(27), anche se usava
questa parola dandole un senso piuttosto vago. Se l’influsso del passato arrivava
all’opera di Whetstone dallo studio dei classici e della Retorica, quello del presente
trovava una fonte d’ispirazione stilistica nell’Eufuismo(28), che ne determinò
alcune difficoltà nello stile, anche se lo interessò solo marginalmente. Non usò
mai, ad esempio, l’amplificazione, mezzo retorico per espandere ed abbellire un
tema, moltiplicando gli esempi, citando e ripetendo aneddoti e detti.
Whetstone
ebbe molta considerazione per la cultura, nutrendo una grande fede nelle possibilità
del sapere. Come tutti gli elisabettiani, considerava la cultura non solo la chiave
del progresso e dell’ascesa dell’individuo, ma anche la fonte della virtù (29).
La giustificazione morale è sempre presente nella sua opera. Nei suoi libri abbondano
gli elementi che lo rendono “uomo del suo tempo”: dalla considerazione degli avvenimenti
politici più significativi del primo periodo elisabettiano(30), alle considerazioni
più strettamente culturali, che vanno dagli elementi base della sua istruzione,
all’utilizzazione di tutto quanto aveva appreso, come contenuto essenziale della
sua opera. Le epistole d’amore, le interpretazioni araldiche, il simbolismo, l’uso
dei proverbi, l’alternarsi di prosa e poesia, sono tutte spie dei suoi interessi
culturali, a cui vanno aggiunti: l’attenzione a ciò che è straniero e antico; la
ricezione delle più diffuse teorie sull’uomo e il cosmo; lo studio della retorica
e dei classici; una concezione, per certi versi, rinnovata e senz’altro più “terrena”
della donna; l’amore per i viaggi sul continente; un forte patriottismo; il fanatismo
per a Religione Protestante , più rivoluzionaria, rispetto alla Cattolica.
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Note:
19 Ivi, chap. I,
pagg. 20-21.
20
Whetstone scrisse, nel 1577, l’Elegia A Remembrance of G.Gaskoigne per commemorare
la figura dell’amico dopo la morte (Cfr. Izard, op. cit., chap. IX, pag. 230). La
composizione di Elegie ed Epitaffi gli fece guadagnare la fama di “primo biografo”
elisabettiano.
21
Ivi, chap. I, pag. 16
22
Ivi, pag. 15.
23
Nelle Novelle narrate in Aurelia
ci sono alcuni personaggi delle classi popolari,
descritti con molto realismo, che hanno quasi sempre la funzione di dimostrare come
il popolo, tenuto nell’ignoranza, sia credulone e superstizioso. È il caso, ad esempio,
del personaggio di Farina nella novella di Frate Inganno, narrata il IV giorno.
24
Cfr. Izard, op. cit., chap. VIII.
25
In Aurelia, le parti più difficili ed eleganti nello stile sono riservate alla “cornice”;
le novelle hanno, invece, una narrazione più facile e scorrevole.
26
T. C. Izard, op. cit., chap. IV, pag. 120:
“Schoolboys in XVI century England were
sistematically drilled in rhetorical methods, particularly in the writing of epistles,
themes and orations. This interest, a natural result of the avid study of the classic
languages fostered by the new learning, was in Whetstone’s time by no means restricted
to pedants and schoolboys”.
Da: D.J. Harris (a c.d.) Elizabethan Prose, London 1968,
(introd. a) pag. 16-17:
“The study and use of rhetoric had as serious a justification
as any other great Elizabethan tenet. First, it was grounded on the very same laws
as governed the universe, the great principle of ‘decorum’, of what was right and
harmonious pattern. The study of rhetoric was the attempt to discover in detail
what the laws of language involved. This man could do by the use of judgement and
reason; by recognizing the where a writer had written effectively and then discovering
what he had done which made his writing effective (...) The study covered the choice
of words, the arrangement of words in phrases and clauses (including syntax, correlations,
euphony and rhythmical patterns) and the many tropes and figures. Those same memorable
sayings would be re-examined in this new light, to discover how the writer had made
them memorable. The rhetoricians had catalogued, classified and minutely distinguished
the means whereby various effects were produced; the textbook most commonly used
gives 132 devices (without the subdivisions).”
27
T. C. Izard, op. cit. chap. III, pag. 75.
28
J. J. Jusserand, The English Novel in the Time of Shakespeare, London 1890, chap.
III, pag. 107: “It consists in an immoderate, prodigious, monstruous use of similes,
so arranged as to set up anthiteses in every limb of the sentence. What is peculiar
to the English imitators, is the employment of allitteration, in order to better
mark the balance of the sentences written for effect. Finally, the kind of similes
even has something peculiar: they are for the most part borrowed from an imaginary
ancient history and a fantastical natural history, a sort of mythology of plants
and stones to which the most extraordinary vertues are attributed”.
29
Gli elisabettiani ritenevano che l’Uomo, solo coltivando i propri poteri intellettuali,
potesse permettere all’essenza divina, che era in lui, di innalzarne l’eccellenza
e mettere a nudo la sua perfetta armonia. Cfr. D. J. Harris, op. cit. (introd. a),
pag. 5.
30 Il primo
periodo elisabettiano va dal 1558, anno dell’ascesa al trono della regina Elizabeth
I, al 1587, anno dell’esecuzione di Mary Stuart. Gli avvenimenti storici del periodo
sono così riassunti da L. Magnus, nell’introduzione al suo libro Illustrating Elizabethan
Poetry, London 1906; introd. pagg. 16-17:
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“To these thirty years belongeth the Act
of Uniformity; the assassination of the Regent Moray, and the other incidents of
the dreary romance woven round Mary’s fascinating personality. In the Documents
of the same period there was published the Papal Bull of Pius V, declaring Elizabeth
a heretic, and the foreign policy of this generation was marked by the harrassing
and piratical expeditions undertaken largely on their own responsability by English
seamen against Philip of Spain. A more definite tendency was given to these movements
towards the end of the period by English intervention in the Netherlands, and by
Drake’s fine exploits in the West Indies and at Cadiz”.
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I particolari avvenimenti
politici dell’epoca determinarono una serie di mutamenti che interessarono il settore
economico, quello sociale e, non ultimo, quello culturale. Il sorgere e l’affermarsi
di una nuova classe sociale, ad esempio, portò alla formazione di un pubblico letterario,
che esprimeva esigenze culturali nuove, che gli scrittori elisabettiani dovevano
soddisfare.
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