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Un legame inspiegabile
di Grazia Napoli
Figura 1- Piazza Mario Pagano (Potenza)
Un colonnello dei Carabinieri, vissuto a Potenza solo qualche anno, per lavoro, trasferito,
poi, ad altri incarichi nella capitale, nell’incontro di arrivederci ai giornalisti potentini,
affermò che non avrebbe mai pensato di dover rimpiangere questa città. Ci era arrivato con il
magone di dover vivere in provincia, partiva con lo stesso magone di doversene andare. Un episodio
che la dice lunga, su una città, che si ama o si odia. Da cui, ogni giorno, si pensa di fuggire,
senza farlo mai veramente. E’ un fascino sottile quello che l’attraversa. Un fascino che emana dai
suoi antichi palazzi; da un teatro piccolo piccolo, come una bomboniera; da una strada, che sta lì,
sempre uguale, da secoli; da palazzi della burocrazia, che sembrano piccoli ministeri; da imponenti
costruzioni di vetro per piccole banche; da un ponte avveniristico, che accoglie i viaggiatori; da
un fiume, giù a valle, che sembra raccontare, con il suo mormorio, un’antica vicenda. E’ il fascino
della provincia, dove il controllo sociale è, a volte, eccessivo, ma dove rimane il rapporto umano,
la sensazione di sentirsi, in ogni momento, a casa.
Solo trent’anni fa, Potenza cominciava appena ad uscire dall’isolamento della sua montagna e
si avviava ad un relativo benessere, allo sviluppo, ad una crescita continua verso la periferia.
Conservando, però, sempre le proprie radici. Potenza, infatti, è terra di tradizioni, ma vissute
“timidamente”, poco sbandierate. E’ terra di gente arrivata qui da tutti i paesi della regione o anche
da fuori regione, per lavoro, per studio, per scelta. Neanche nei vicoli del centro storico si trovano
più i potentini veri. Eppure questo crogiolo di usanze, di tradizioni, di dialetti si è innestato e
assimilato al tessuto culturale di questa città e tutti i potentini di oggi, anche quelli che non
conoscevano San Gerardo, non mancano (sarebbe assurdo!) al passaggio dei Turchi, ogni 29 maggio.
Figura 2 - Ponte Musumeci (Potenza)
Città ferita da ripetute calamità, in una zona ad alto rischio sismico, Potenza trova nell’ultimo
terremoto uno spartiacque con il passato. E’ riuscita a crescere, dopo il 1980, a svilupparsi, a rinascere,
guardando sempre avanti, al futuro, al progresso, all’innovazione, senza mai dimenticare il passato. Lo ha
fatto e lo fa faticosamente, da una posizione geografica difficile, in un’economia non sempre florida, in
una situazione occupazionale preoccupante. Eppure lo fa. Chi abita o arriva qui, cerca sempre di guardare
oltre l’orizzonte delle sue montagne, ma per poco, perché resta o ritorna o comunque, vi rimane,
inspiegabilmente e quasi visceralmente, legato. Come il Colonnello dei Carabinieri. Ha ancora una casa in
Basilicata. Vi torna, in borghese, come un qualsiasi cittadino. Come uno di noi.
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