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Tricarico-Il Carnevale più antico
di Grazia Napoli






...Il paese era svegliato, a notte ancora fonda, da
un rumore arcaico, di battiti di strumenti cavi di legno, come campane fessurate:
un rumore di foresta primitiva che entrava nelle viscere come un richiamo
infinitamente remoto; e tutti salivano sul monte uomini e animali...” (Carlo
levi)







  
    



     Un corteo di maschere coloratissime e chiassose muove dal Convento di
Sant' Antonio – poco fuori il paese - fin nel cuore del centro storico. Qui,
una questua alimentare porta a porta, per raccogliere soprattutto salsiccia,
soppressata, prosciutto, servirà – a tarda sera - alla cena conclusiva dei
festeggiamenti, davanti al falò del fantoccio di Carnevale.




     Una tradizione - quella di Tricarico, delle cui origini si è persa la
memoria. Collegata ai riti ancestrali, che le popolazioni indigene lucane
mutuarono dai greci; ma anche trasposizione dei riti legati alla transumanza.
La civiltà pastorale di Tricarico è tutta nelle maschere: tori e mucche. Forse,
nell'antichità, l'uomo credeva di poter allontanare dalle proprie mandrie il
pericolo di pestilenze, travestendosi da animale. Le pelli sono state
sostituite, nel tempo (molto probabilmente per motivi igienici) da copricapo
con velette e nastri: multicolori per le mucche, neri con nastri rosso
sgargiante per i tori. La simbolica mandria carnevalesca è guidata dal
“massaro”, da due “vicemassari” e dai “vaccari”, il 17 gennaio e l’ultima domenica
di Carnevale. Ogni anni, da tempo immemorabile. Nel corteo: anche la padrona
della mandria: una contessina in calesse.


Tori e mucche si accoppiano, nel viaggio lungo la via Appia, mimando
l’amplesso in una danza ritmata dal suono cupo e assordante dei campanacci.
Nella tradizione, tutti i figuranti sono uomini, proprio per far fronte a
questi “assalti” senza imbarazzi. Ma da qualche anno – assicurano i
responsabili della pro loco – con la modernità, sotto le maschere – coperte da
copricapo e velette – ci sono anche le donne.


     E ci sono anche tanti bambini. Sono davvero di tutte le età queste
mucche e questi tori, segno che un’intera comunità partecipa alla tradizione,
assimilandola e tramandandola. Trasmettendola con foga, con passione, con
emozione.




     Il lungo corteo, parte di buonora dal Convento di Sant' Antonio, dove,
con tre giri intorno alla chiesa, chiede la benevolenza del Santo, prima di
avvicinarsi rumorosamente al paese, al suono di campanacci di ogni forma e
grandezza.


     L’unica pausa di silenzio: davanti al cimitero. Poi il rumore e
l'allegria sfrenata riprendono. Tra gli attacchi dei tori alle mucche, che il
mandriano cerca di impedire, il corteo colorato e rumoroso arriva in piazza.
Tutti i balconi, lungo il tragitto espongono i copricapo di mucche e tori.
Nella piazza, anche i lampioni sono “vestiti” con i tradizionali copricapo neri
e rossi o variopinti. Qui il corteo si scioglie in gruppi danzanti, in
girotondi gioiosi. Poi, a piccoli gruppi guidati da un “massaro”, tori e mucche
si addentrano nei vicoli. Per bussare ad ogni porta. Per chiedere da mangiare,
soprattutto salumi: derivazione di un altro animale preziosissimo nella civiltà
contadina lucana: il maiale. Da mettere in tavola, in piazza, la sera, davanti
al falò. E’ una vera festa carica di significati storici, sociali, culturali,
psicologici e anche teatrali, quella di Tricarico. Per una tradizione che
resiste, e si rinnova.




   http://www.comune.tricarico.mt.it
   http://www.aptbasilicata.it
   http://www.proloco-tricarico.org

 
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