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Crescere in Lockdown
di Grazia Napoli


Il protagonista dell’ultimo romanzo del giornalista e scrittore “C’era una volta adesso” scrive dal futuro: Dicembre 2080. E scrive del momento che tutti noi stiamo vivendo. Immersi in una pandemia mondiale.




Mattia – che nel 2020 aveva 9 anni – racconta ai nipoti come si viveva in quei giorni, chiuso in una casa di ringhiera a Milano con la mamma, la sorella figlia di un padre diverso e il padre, che lo ha abbandonato 6 anni prima e che, ora, bloccato a Milano per il lockdown torna a stare con loro, in quarantena. Intorno: i condomini di un palazzo che circonda un cortile, in cui la gente si incontra di fretta, badando alle distanze, evitando, a volte insultando, l’infermiera che torna dal lavoro nel reparto Coviddell’Ospedale; aspettando il portiere che consegni loro la spesa e l’ora in cui tutti si sentono italiani e cantano l’inno di Mameli o una canzone pop dai ballatoi della casa di ringhiera.
Un “microcosmo” descritto con le parole, i dubbi, le domande inappropriate, le considerazioni di un bambino di 9 anni, per cui la scuola è diventata il computer, la sorella adolescente e ribelle l’unica compagnia, il padre finora sconosciuto una presenza aliena e inquietante, che vive, lavora e dorme in salotto, la madre una donna sempre più ansiosa, impaurita, ossessionata da igiene, distanze e isolamento.
Al piano di sopra vive la nonna, donna saggia che si affida alle stelle e da quelle si fa segnare il cammino: nell’amore, nella poesia, nella sfida di un tempo difficile, che vive con disincantata serenità. Una donna da cui Mattia imparerà a fidarsi e affidarsi nel suo percorso di crescita.
Sono flash di vita nel chiuso di un condominio, che raccontano le tensioni familiari e sociali, che sono quelle di sempre. L’imminenza di un divorzio, un lavoro frenetico legato al turismo e alla ristorazione, stoppato e messo in crisi da un virus, il difficile consolidarsi di nuovi amori, i rapporti con i vicini e le loro storie di vita solo immaginate e ricostruite come in un thriller o un fantasy. Ma che sono, per or, l’unica realtà esterna.
Un racconto duro e delicato al tempo stesso, fatto di parole semplici, quelle che usa nel racconto un bambino, ma già vagamente filtrate dalla maturità di Mattia a 70 anni, quando frammenti dolorosi di vita, si compongono in un racconto che –guardato dal futuro – fa intravedere la certezza della rinascita e della vittoria della vita.
Un po’ come i racconti di guerra, ammantati sempre di paura e nostalgia, dei nonni ai nipoti della mia generazione.
Una storia ancora presente guardata dal futuro in cui tutti noi ci riconosciamo. Anche se non conosciamo ancora – come Mattia – evoluzione ed epilogo. Un libro che si legge tutto d’un fiato, come un racconto di cronaca. Un libro che ci immerge nella realtà e ci aiuta a guardare avanti

  
  
  

 
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