Teatro del Benessere, Benessere a Teatro
di Grazia Napoli
Andare a Teatro, fare Teatro, scrivere di Teatro è fonte di Benessere. Senza dubbio. Sia che si sia attori, sia che si sia spettatori. Il Teatro, la perfomance, la scena, l’identificazione con l’altro o in altro determinano un benessere psico-fisico, che si accompagna al vantaggio culturale.
Si può pensare al mero godimento di una buona recitazione e all’emozione che suscita; si può pensare a comunità particolari, che utilizzano il Teatro amatoriale a fini terapeutici; si può pensare a quella sorta di “esperimento sociale” che è il Teatro di Comunità, che nasce da una chiamata alla popolazione e si trasforma in Teatro Collettivo, spesso di strada, come avveniva nel Medio Evo.
Qui invece voglio parlare di due esperienze personali che – da spettatrice – mi hanno fatto collegare il Teatro e il Benessere. Due spettacoli, che riprendono proprio in questo periodo, dopo lo stop imposto dalla pandemia. Due esperienze all’apparenza lontanissime, entrambe capaci di coinvolgere il corpo, la mente, tutti i sensi e le diverse abilità.
Ha dato senz’altro benessere ad attori e spettatori il progetto speciale “Otello Circus”, per la regia di Antonio Viganò, premio Ubu 2018, in cui dieci bravissimi attori e attrici in situazioni di disagio psichico mettono in scena una vera “chicca” sul femminicidio.
Sul palco un altro palco, circolare. Una sorta di piccolo anfiteatro, dove siede il pubblico. Al centro – su quella che assomiglia alla pista di un Circo - l’azione di questi attori speciali in un “Otello” lirico e teatrale ispirato a Shakespeare e a Verdi.
L'idea nasce, infatti, dall'incontro tra il Teatro la Ribalta-Kunst di Bolzano e l'Orchestra Allegromoderato di Milano e dalla volontà di costruire insieme, valorizzando le proprie specificità e alterità, un percorso artistico e musicale, per cucire relazioni e avere un riscatto. A Bolzano, la compagnia rappresenta un punto d' incontro tra le comunità italiana e tedesca, dove esplorare nuovi linguaggi.
Otello è un ragazzone con una maschera da clown, che sotto la luce di un comune lampadario di cristallo – che scandirà con il suo movimento a pendolo o circolare tempi e spazi della scena - vive la propria personale tragedia di uxoricida. Ha ucciso Desdemona, una ragazza dall'energia inesauribile.
Sono Personaggi da Circo anche Cassio, Jago, Roderigo ed Emilia. L'acrobata, il lanciatore di coltelli, l'equilibrista, l'inserviente, il domatore. Con movimenti inarrestabili inscenano la tragedia della gelosia. Desdemona dondola su un’altalena e, con lei, i fantasmi delle tante donne uccise. Tutti gli altri si agitano nelle loro mansioni. Ma rimangono chiusi nel cerchio dell’ideale pista da Circo.
“Otello Tragedia” e “Otello Opera Lirica” diventano un tutt’uno e assumono un punto di vista nuovo. Questi attori speciali narrano, in fondo, le proprie tante storie di riscatto. Uomini e donne con disagio psichico, che si sentono finalmente qualcos’altro e chiedono di essere guardati e giudicati solo per la loro Arte.
Uno spettacolo che non è solo teatro-terapia. È molto di più, anche per chi assiste – di fatto a pochi centimetri di distanza - e si meraviglia, si commuove, partecipa, riflette. Sensazioni che generano benessere reciproco.
Arriva da tutt’altra esperienza di vita e teatrale il secondo spettacolo, che ha per protagonisti i prodotti della terra, la cucina e il racconto che ne consegue.
“Teatro da mangiare?” è uno degli spettacoli più noti e più longevi – più di mille repliche dal 2000 - del “Teatro delle Ariette” di Stefano Pasquini e Paola Berselli. Il set è una grande tavolata, a cui siedono gli spettatori. Lo spettacolo consiste nel cucinare e mangiare insieme.
Si mangia davvero. Nei piatti: i prodotti della terra, che da oltre 20 anni, questi attori contadini coltivano nella loro azienda agricola in Toscana. Cucinano, servono, narrano la propria esperienza di “Teatro fuori dal Teatro”. Una sorta di confessione pubblica e per il pubblico, che partecipa, godendo di un racconto, ma anche dei frutti reali di questa esperienza tra Arte contadina e Arte della messa in scena.
Un momento lungo una cena, che arricchisce, insegna e avvicina, attraverso il Cibo e la Parola. Senza quinte né sipari, con un copione di vita che – solo apparentemente – è improvvisazione.
- questo articolo è stato pubblicato sul n. 98 della rivista culturale online www.goccedautore.it
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