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Per una comunicazione "sana"
di Grazia Napoli
Non basta comunicare, lanciare messaggi, far circolare le idee e i progetti. Comunicare, anche in Sanità, vuol dire saper stabilire una relazione, farsi ascoltare, rispondere ad un messaggio, essere sulla stessa lunghezza d'onda. Si tratta, insomma, di comprendere e individuare le modalità, in cui la comunicazione avviene, per stabilire se il messaggio sia arrivato e se tra individui o tra gruppi di individui non si sia instaurata una "Comunicazione patologica", viziata, cioè, da reazioni inaspettate o che, comunque, si instaurano a livelli diversi della psiche di chi trasmette e di chi riceve lo stimolo alla comunicazione. La comunicazione è, infatti, nella definizione più comune: "ogni comportamento di un organismo, che sia uno stimolo adeguato per il comportamento di un altro organismo" e comprende non solo la comunicazione verbale, ma anche quella non verbale fatta di gestualità, espressioni, posture del corpo, silenzi. E' proprio la comunicazione non verbale, meno ricca di informazioni, a trasmettera più facilmente le emozioni, le sensazioni e ad instaurare un "dialogo", che non è necessariamente basato sulla logica e fatto di parole. E' una comunicazione con un codice non schematizzato e gerarchizzato, rispetto a quello verbale, ed è il tipo di comunicazione più efficace nell'ambito sanitario, ad esempio con pazienti appartenenti a livelli socio economici svantaggiati che, quando arrivano in ospedale, sembra rifiutino totalmente la comunicazione verbale. I codici non verbali sono più diretti e paiono poggiare su basi innate, che fanno sì che i messaggi inviati siano più direttamente comprensibili, arrivino più facilmente all'interessato. Quello della comunicazione non verbale è un codice intrinseco, che non si apprende. La comunicazione ha, comunque, sempre un andamento circolare, per cui l'emittente diventa ricevente e viceversa. L'analisi transazionale di Eric Berne, utilizzata in psichiatria, per studiare alcuni disturbi mentali, può essere utile a comprendere i processi di comunicazione o di "difetto di comunicazione", poiché studia a che livello psichico e con quale modalità avviene la comunicazione e, quindi, se parlante e ricevente siano sullo stesso livello o meno. Se ciò non si realizza, infatti, la comunicazione si interrompe o, comunque, diviene patologica e il messaggio viene frainteso o non arriva. Ecco perché gli operatori sanitari devono stare molto attenti e devono imparare a riconoscere le modalità e i tipi di comunicazione da adattare alle varie situazioni. E' necessario, che l'operatore sanitario sappia riconoscere, evitare o correggere tutti gli aspetti patologici, che possono avere i suoi scambi comunicativi con il paziente e quelli tra i pazienti, per evitare effetti dannosi. Anche questa, dunque, dev'essere una competenza fondamentale. Apertura, tolleranza, dialogo e predisposizione alla ricezione, oltre che all'invio di uno stimolo o di un messaggio. Sono i presupposti su cui si basa una comunicazione "non egocentrica" e "non patologica".
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