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Rocco Brancati. Il mio ricordo
di Grazia Napoli


“Ti regalo con piacere i miei libri, perché so che li leggi”.
E’ questa la frase che mi diceva Rocco Brancati ogni volta che pubblicava qualcosa e me ne faceva dono. Io me ne sono sempre sentita lusingata. Era vero che leggevo i suoi libri, con curiosità e ammirazione, perché non erano mai banali, erano frutto di ricerca ed esperienza, erano comprensibili e soprattutto mi insegnavano qualcosa di nuovo della mia Basilicata.


La sera che tutti gli amici lo ricordarono a Montemurro


Come mi insegnava sempre qualcosa di storico – e per me interessantissimo – quell’immenso archivio di immagini, a volte ancora in bianco e nero, che custodiva in un armadietto basso della sua stanza in Rai. Un vero tesoro, per chi doveva occuparsi della nostra storia culturale e del “come eravamo”. Cassette su cassette, dischetti audio, registrazioni e “nastri”, vecchie bobine, che rintracciava su internet e si faceva arrivare direttamente dall’Istituto Luce.

Rocco era un grande conoscitore ed estimatore delle nuove tecnologie, che utilizzava come strumenti di lavoro, per trattare una materia antica. Un perfetto esempio di post moderno, potrei dire. Custodiva il materiale raccolto e archiviato per anni – oltre che in Rai – in una serie di computer, che aveva in una mansarda-studio. Era la metà degli anni ’90 e ne contai 13… Me li mostrò – insieme agli spartiti di alcuni madrigali sulla tastiera di una pianola in salotto - un giorno che, insieme, preparammo l’incontro con due studiosi di Gesualdo da Venosa, suoi ospiti. Una coppia di ricercatori norvegesi, se non ricordo male. Mi aveva chiesto di aiutarlo con l’inglese. Lo feci di buon grado. Andare in giro con Rocco e Luciana sui luoghi gesualdiani quel giorno mi arricchì molto. Rocco era felice come un bambino. Io, a distanza di decenni, lo ricordo come se fosse ieri. Io e Rocco avevamo in comune la
voglia di comunicare, confrontarci e “spaziare”.

E’ stato per tanti anni il mio vice caporedattore in Rai. Lunghi turni in tandem. Io a condurre, lui a coordinare. Una quotidianità che per lui, però, andava sempre oltre l’orario di lavoro. Dopo il tg, partiva! In giro per la regione e anche fuori regione. A caccia di persone, storie, documenti. Sembrava che il suo vero lavoro iniziasse solo allora. Era instancabile.

Rocco se ne è andato il giorno del mio compleanno. Ci eravamo visti un paio di mesi prima per strada. Era in pensione da poco. Abbiamo fatto una passeggiata, io lui e Luciana, anche se faceva molto freddo. Stava preparando dei video. Mi raccontò di questi progetti. Mi disse che in qualche modo mi avrebbe coinvolta. Ci siamo salutati con questa promessa.

Non c’è stato più tempo. Luciana mi ha regalato il suo libro postumo. Ho avuto il pregio di poterlo presentare una sera insieme al fratello Massimo e scoprire, nel libro e negli aneddoti di chi l’ha conosciuto, tante altre curiosità che non conoscevo.

Mi commuove ripensare a Rocco. Per me è stato un maestro discreto, quasi timido. E solo ora capisco che mi trattava alla pari, anche se io avevo tanta, tanta esperienza in meno. Grazie Rocco!



  
  
  


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