Da "Il Quotidiano" del 11 Maggio 2003

La giornalista della Rai analizza George Whetstone.
Presentato all’Unitre il libro di Grazia Napoli

“Aurelia” rivive nel volume di Grazia Napoli

Di Rosalba Ercolino

Martedì 20 aprile, nella sala congressi dell’Unitre, il prof. Mario Santoro, preside della Facoltà di Arte e Letteratura, ha presentato il libro della giornalista Grazia Napoli dal titolo “Aurelia”.

Nella sala gremita abbiamo notato la gradita presenza anche dei rappresentati delle Unitre di Avigliano, Genzano e San Chirico Raparo.

Il prof. Santoro ha precisato che, nel corrente anno accademico, nel corso di arte e letteratura si è voluto dare spazio alla letteratura straniera e alla donna come protagonista delle storie; pertanto, il libro “Aurelia” si inserisce bene in questo tipo di discorso.

“Ho sentito il dovere di fare questo mio lavoro come donna, come anglista, come giornalista”. Sono le parole con le quali l’autrice chiude la presentazione del volume “Aurelia”.

Si tratta di un notevole impegno, ha precisato il prof. Santoro, un lavoro per specialisti, che, tuttavia, può essere proposto al pubblico dell’Unitre che, da tempo, ha imparato ad affinare il gusto per le cose belle e interessanti.

Si tratta di un libro di novelle di un autore minore del Cinquecento inglese, George Whetstone, il cui titolo richiama il personaggio più importante, Aurelia, in un’epoca ricca di fermenti filosofici, letterari, filologici, religiosi, ma anche di grandi scoperte geografiche e scientifiche.

Il quadro di riferimento è quello più generale dell’Umanesimo, e, più precisamente, il periodo elisabettiano, nel quale c’è un forte rinnovamento dell’arte in generale e dove è più presente l’influsso italiano. Infatti, il Rinascimento si fa sentire con grande lentezza in Inghilterra, con un processo di imitazione e con la traduzione di molte opere italiane. Tuttavia, il processo di imitazione non è pedissequo, ma caratterizzato da una certa originalità.

A prescindere dal rinascimento religioso investito dalle tendenze calviniste, a fine secolo nasce, in Inghilterra, un forte sentimento patriottico (assente in Italia) che si colora di riflessi biblici e rappresenta l’Inghilterra come il paese del popolo eletto. Così, tutta la letteratura inglese finisce col celebrare le gesta dei suoi figli.

Il compito della Napoli è l’analisi, anche sul piano critico, del libro, tenendo conto del quadro storico, politico, economico del tempo.

Ella sottolinea l’influenza dei modelli italiani, in primis di Boccaccio (forte il riferimento al Decameron), ma anche di autori come Bandello e Girali Cinthio.

C’è, tuttavia, forte contrasto tra la prosa inglese e quella boccacciana.

La prima presenta tutti i caratteri dell’Eufuismo, cioè di un fenomeno che richiama il nostro marinismo, ricco di preziosismi stilistici, orpelli ornamentali e aggiunte morali che stancano; mentre la prosa di Boccaccio è sempre efficace, essenziale, semplice, immediata, penetrante.

Nelle novelle proposte da questo autore si ritrova il costume dell’epoca con tutti i suoi limiti.

I personaggi, poi, sono delle vere e proprie maschere. Hanno infatti ruoli prestabiliti, senza possibilità di uscire fuori da ambiti un po’ troppo precisi. Il che conferisce loro una certa rigidità e monotonia e, di conseguenza, una certa convenzionalità delle situazioni proposte.

Nel suo lavoro la Napoli – ha concluso il prof. Santoro – si muove tra le sue carte con infinita pazienza, realizzando, attraverso un’analisi dettagliata, puntigliosa, meticolosa, un’operazione di notevole spessore culturale.

E’, quindi, intervenuta l’autrice, precisando che l’incontro con questo autore è stato casuale, ma che l’interesse che le ha suscitato l’ hanno portata a farne oggetto della sua tesi di laurea. Certamente, parlando di Whetstone si parla di erudizione (non di arte); di tentativi di letteratura. La letteratura inglese, infatti, troverà la sua vera espressione solo successivamente, dal genio di Shakespeare. Si tratta, comunque, dei primi approcci di prosa inglese, un’erudizione rinascimentale.

Ho scelto questo spaccato del periodo elisabettiano – ha proseguito l’autrice – perché in quel periodo c’era una grande passione per la cultura. L’italiano era considerata una lingua dotta e i giovani eruditi viaggiavano in Italia per apprenderne la cultura.

Le novelle, pur in un certo senso copiate, sono tuttavia originali, perché calate nella cultura e nel costume inglesi. Le storie, il fascino, le caratteristiche sono infatti tipicamente inglesi. In conclusione, la giornalista ha voluto sottolineare che il suo non vuol essere un saggio, ma una testimonianza sul rinascimento inglese.

E’ seguito un vivace dibattito, con numerose domande e riflessioni da parte di molti corsisti. Per quanto mi riguarda, ho notato una certa attualità in questo testo, poiché si narra di un gruppo di persone che si ritrovano insieme, per un periodo di sette giorni, a discutere di vari argomenti, ma anche a condividere momenti ludici. E questo fatto, di divertirsi insieme e di scambiarsi opinioni, a mio avviso, è un’esigenza costante di ogni persona, poiché solo nel vivere in comunità e nel confrontarsi si riesce a maturare e a conoscere meglio gli altri, ma soprattutto sé stessi.