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Giovani a Teatro, Giovani nel Teatro
di Grazia Napoli

Il Teatro racconta la vita, i sentimenti, le passioni, i conflitti. Anche quelli generazionali. Su un palco sogni e progetti della gioventù si impongono nella loro originalità e dirompenza rivoluzionaria. In ogni tempo. Il Teatro educa i giovani, per questo i giovani vanno educati al Teatro.


il Romeo e Giulietta di Gigi Proeitti al Globe Teathre di Roma  


È sui palcoscenici, dal racconto delle vite di personaggi spesso poco più che adolescenti, che si può’ imparare la sofferenza, la passione, la ribellione, la crescita. E lo si può fare con il Teatro per eccellenza, quello di Shakespeare. Rappresentato in ogni epoca successiva. Reinterpretato, scomposto, decostruito, modernizzato conserva comunque il suo messaggio universale. Perché è antico e nuovo al tempo stesso, racchiude classicità e prima modernità, l’early modern di cui parlano i critici; mescola laicità e religiosità, magia e pragmatismo, poesia e volgarità. Soprattutto, mette a confronto le generazioni e ne fa sintesi.

Bob Smith, attore e regista americano, nel suo romanzo autobiografico “Il ragazzo che amava Skakespeare”, edito in Italia per Guanda, nel 2014, racconta come la scoperta della poesia del Bardo, per caso, in una biblioteca di periferia nel Connecticut dove viveva, gli abbia salvato la vita e lo abbia aiutato a convivere in una famiglia in cui bisognava confrontarsi ogni giorno con la disabilità. Un amore letterario, che diventa amore per il Teatro e che - superata l’adolescenza - lo porta sui palchi, anche se in piccole parti, accanto a grandi attori come Kathrine Hepburn e Bert Lahr, che portavano l’arte di Shakespeare in tournée nel Nuovo Continente.

Prima attore, poi regista, infine una sorta di consulente terapeutico shakespeariano. Un Teatro che aiuta, dunque, grazie alle sue tante sfumature, comiche e tragiche e alla gioventù che – su quel palco e in quei personaggi – cresce, guarda al futuro, anche nel senso storico, culturale, di civiltà.

Sono giovanissimi “Romeo e Giulietta”, lei è appena quattordicenne. Eppure, insegnano l’amore, la libertà, la possibilità di scegliere e scegliersi, il distacco dalle imposizioni della famiglia e della società, il trionfo – pur in un epilogo tragico frutto di equivoci e fatalità – della pace e della riconciliazione sociale.

Una gioventù ricca e ben educata, che affronta la realtà e cerca la propria strada. Romeo con i modi gentili, Giulietta con la passione, Mercuzio e Tebaldo con l’irruenza e l’istinto, che li portano spesso a trovare soluzioni nella spada, nel duello, nella spavalderia, nella violenza.  Personaggi che incarnano un’Epoca, una società, un momento storico – la fine del ‘500 – in cui si afferma l’Uomo, la sua centralità, il suo potere.

Anche la giovane donna non è più creatura angelicata. In un’Inghilterra che non deroga dalle convenzioni di una società puritana – seppur decisa e moderna, ammiccante e a suo modo spregiudicata - non crede più solo all’amore platonico, tuttavia non rinuncia al suggello del matrimonio. Pensiamo alle eroine della letteratura – La Bisbetica Domata, ad esempio - ma anche – nella Storia - alla celeberrima Anna Bolena, madre di Elisabetta I, che riesce a farsi sposare da Enrico VIII, provocando lo scisma dalla Chiesa Cattolica di Roma.  

È giovanissimo anche Amleto, principe problematico di Danimarca, che si confronta col fantasma del padre, si scontra con l’amore per la madre, nega il proprio amore ad Ophelia, crede nell’ amicizia maschile, ma rimane solo con i suoi interrogativi. È la tragedia di un giovane in lotta con sé stesso, alla ricerca del padre e di una identità, dunque di un futuro per sé e per il suo Regno.  Sappiamo come finirà. Ma Amleto rimane un esempio di gioventù ribelle, nella cui vita il contrasto tra generazioni porterà dubbio, dolore, morte. Silenzio.

Nelle Commedie di Shakespeare la gioventù protagonista è ironica, concreta, spassionata, diretta. Anche le donne diventano Dame che rispondono sì alla vita cortese, ma con maggior determinazione. Educano i loro coetanei. Li spingono alle giuste scelte, se non già paritarie, almeno equilibrate. È il caso di “Measure for Measure”.

D’Altronde a capo dell’Inghilterra c’è Elisabetta I Tudor, Regina che rifiuta il matrimonio, per rimanere Queen e non diventare King. Come spiega l’anglista Nadia Fusini nel suo ultimo libro “Maestre d’amore”, Einaudi.

L’Età Moderna ha in sé insegnamenti antichi e tensione al futuro, al cambiamento, al nuovo. Su un palco tutto questo si materializza, diventa evidente. Un ruolo che il Teatro ha giocato anche in Età Greca. Un po’ meno, ritengo, tra ‘700 e ‘800. Ma che torna prepotente nella sperimentazione del ‘900, negli Happening, che sono ricerca di spazio, corporeità, relazione e interazione con il pubblico, che non è solo spettatore.

Come avveniva nell’anfiteatro ellenico e intorno al palco del Globe di Londra fondato dal Shakespeare. E mi chiedo: perché torno sempre lì?

- questo articolo è stato pubblicato sul numero 97 della rivista culturale online www.goccedautore.it

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