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Corpo in scena
di Grazia Napoli


“Il corpo è prima di un testo, di una storia, di un costume”.

Così – in una recente intervista – Emma Dante descrive il suo metodo di scrittura teatrale, la sua concezione del racconto sulla scena, sempre dominata dal corpo: prima nudo, poi vestito, poi mascherato; per poi fare un cammino a ritroso.


Emma Dante


Nella “poetica teatrale” della regista siciliana – una delle maggiori firme del teatro sperimentale italiano contemporaneo – il corpo è tutto. È la comunicazione primordiale, essenziale, più vicina alla verità. Le parole arrivano dopo.  

È il corpo sulla scena e la sua continua metamorfosi, che “invadono” lo spettatore, lo trascinano con sé alla scoperta della storia esteriore ed interiore del personaggio. Il corpo – che man mano si libera da movimenti innaturali, forzati per l’attore – diventa il personaggio e non rimane mai uguale a sé stesso. Si trasforma, ne stravolge i canoni, racconta attraverso la materia. Diventa scrigno di vita, di memoria, di ricerca della bellezza.

È quello che succede – visivamente – in “Ballarini”, terzo studio della “Trilogia degli Occhiali”. In scena: una coppia anziana -  Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco - i cui tratti sono devastati dalle rughe, dal decadimento, dalla vecchiaia. Una coppia che, col solo movimento faticoso e lento dei corpi, appena illuminati e sostenuti dalla musica, dà il via ad una intera storia di vita e di coppia. Narrata tutta attraverso i corpi e gli oggetti – corpi anch’essi in fondo – che vengono fuori da un baule.


Ballarini


Musica e luci, tanto movimento, pochissime parole. Cosi – tra un ballo e una tenerezza – si va a ritroso e la coppia racconta la vita trascorsa insieme. La vedovanza di lei, la malattia di lui, e poi indietro: la maturità, la nascita di un figlio, il matrimonio, il primo incontro e l’innamoramento. Tutto a ritroso. I due attori man mano si disfano di maschere e abiti, per diventare altri corpi, sempre più giovani ed energici, sempre più lontani dai due personaggi entrati in scena lentamente, ad inizio spettacolo. Sono corpi liberi che raccontano e riconquistano giovinezza e bellezza, nei movimenti che segnano le emozioni, le gioie, i dolori. Fino al disfacimento e viceversa.  

Uno spettacolo breve - la scorsa estate nei teatri italiani – che racchiude il senso di questo tipo di Teatro, in cui il corpo “disegna” la scena.

Lo stesso avviene ne “La Scortecata”, tratto da “Lu Cunto de li Cunti" di Giovambattista Basile. Due i corpi in scena. Due donne anziane – due vecchie dice Emma Dante - in corpi maschili, accanto al modellino di un castello. Parlano una strana lingua arcaica, vicina al Napoletano.


La Scortecata


È il massimo stravolgimento del corpo di una novantenne che, per riconquistare bellezza e giovinezza, accetta di farsi togliere la pelle rugosa. Di farsi scorticare. Lo fa per invidia della sorella, ugualmente vecchia e brutta, ma toccata dalla fortuna di essere amata da un re, che si invaghisce della sua voce e di un suo dito, senza mai averne visto il viso. Una “favola orribile”, che deforma il corpo, per raccontare un sentimento e un desiderio profondi.

Sul palco, due bravissimi attori: Salvatore D’Onofrio e Carmine Maringola. Quest’ultimo, marito di Emma Dante, aveva iniziato la carriera nel 1994, dopo l’incontro con Judith Malina fondatrice del Living Theatre di New York. E quando si cita il Living Theatre, si sta parlando della Compagnia contemporanea sperimentale, capostipite del Teatro che mette al centro il corpo.

Nel teatro di Emma Dante il corpo è spesso nudo o si denuda gradualmente. Avviene anche nella scena corale de “Le sorelle Macaluso”. Tutte sul palco, in fila. Movimenti scomposti. Abiti e oggetti delle loro vite lasciati a terra. Una commedia dell’assenza, in cui vivi e morti convivono e rimangono chiusi – senza tempo – nella casa di famiglia.

Il corpo rimane nudo, invece, in “Bestie di Scena”. Gli attori si preparano alla recita e ad entrare nei loro costumi. È la preparazione dello spettacolo, che va in scena. Lo spettacolo – quello vero, con i personaggi caratterizzati – lo spettatore non lo vedrà mai.

Non è un Teatro facile. Ma è un Teatro che torna alle origini della comunicazione. All’essenza del messaggio, a suo modo dirompente e rivoluzionario. Come solo il corpo può’ essere. Perché sintesi di vitalità, anche artistica!


- questo articolo è stato pubblicato sul n. 96 della rivista culturale online goccedauotore.it

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