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Teatro senza casa
di Grazia Napoli

L’idea di una scena teatrale incorniciata sul set di un palcoscenico, che assomigli ad un quadro, è piuttosto recente. Risale al melodramma Settecentesco, alla commedia Goldoniana e al Teatro romantico borghese dell’800.




Nei secoli precedenti la scena era sempre più ampia, meno ingabbiata, più vicina al pubblico. Nella stessa Grecia antica il Teatro ebbe origine girovaga: gli attori portavano il necessario su dei carretti.

Nel Medio Evo, il Teatro – una volta uscito dalle Chiese – ebbe per “casa e set” i sagrati e poi la strada; dai Giullari, ai Saltimbanchi, alla Commedia dell’Arte di fine Rinascimento si viveva di improvvisazione, creatività, genialità condivisa con il popolo. Una tradizione a cui negli anni ’50 del ‘900 ha cercato di tornare – con motivazioni esistenziali e poetiche avanguardiste – la compagnia newyorkese del Living Theatre, antesignana dell’Happenning.




Il Teatro è – in fondo – l’incontro tra l’attore e lo spettatore. Non importa in che luogo e cornice questo incontro avvenga. Purché sia un incontro empatico, di emozioni e di forte comunicazione. Di recente, in Italia – ed è successo anche in Basilicata con le performance di Matera Capitale Europea della Cultura 2019 – si è cercato di rivivificare la tradizione di un teatro senza casa, con call, a cui hanno risposto centinaia di persone diventate poi protagoniste, con attori professionisti – un esempio per tutti il Teatro delle Albe di Ravenna, di Ermanna Montanari e Marco Martinelli - in spettacoli all’aperto, itineranti, corali. Unici e irrepetibili, come dev’essere il Teatro.

Una lezione che insegna come la Cultura e il Teatro – per esistere – non abbiano necessariamente bisogno di una scena delimitata da pareti, fondali, quinte. Una lezione che può’ tornare utile in questo periodo storico, segnato da una pandemia, che impone il distanziamento, la riduzione degli accessi, la possibilità di fare teatro solo in spazi ristretti, limitando le possibilità di un ritorno completo – almeno per ora – alle nostre abitudini, anche in fatto di fruizione di spettacoli teatrali.

Ma la “fame di teatro” c’è. Il Direttore artistico del “Silvano Toti Globe Theatre” di Villa Borghese a Roma, l’attore e regista Gigi Proietti, ha annunciato che la struttura riaprirà a fine luglio, fino a fine ottobre, con una stagione Shakespeariana, in un Teatro Elisabettiano, che ricorda e riproduce la piazza. Senza tetto, con un palco molto grande, che consente agli attori, anche se numerosi, di rimanere distanziati e con la possibilità di distribuire il pubblico – che può accedere da più ingressi - nei palchi e nell’ideale platea, dove ci si può sedere a terra, su coperte e cuscini, distanziati, come ai tempi di Elisabetta I. Il “Globe” è un ibrido tra il teatro chiuso e quello all’aperto, che potrà essere un primo segno di ritorno alla normalità.




Al Teatro Carignano di Torino si sta pensando di smontare le poltrone della platea, un modello che ricorda il Globe; al Sistina di Roma attori e produttori invece aspettano: 200 spettatori ammessi per un musical sono davvero pochi.

A Potenza il Teatro Stabile ha riaperto con un’opera lirica della camerata delle arti di Matera: 150 posti sui 380 disponibili, sanificazione, mascherine, distanziamento, in ogni palco solo due spettatori, a meno che non si tratti di famiglie.

E sempre a Potenza sta per tornare, tra fine agosto e settembre, la versione 2020 del “Città delle 100 scale Festival”. Arti performative, Danza e Prosa - ma non solo monologhi – all’aperto, in luoghi periferici speciali, in sicurezza. Sperimentazioni a cui il Festival non è nuovo e che troveranno nelle “costrizioni” del momento nuova linfa e nuove idee.

“Compromessi” che in questo momento servono al Teatro, costretto ad adeguarsi agli spazi e ad uscire dai contenitori classici, ma anche e, soprattutto, dal web – dove è rimasto relegato in questi tempi di pandemia.

Torna come può. Si rifà al Teatro poco scenografico e molto partecipato di una volta. Riscopre luoghi insoliti e un rapporto più diretto e intimo con lo spazio e il singolo spettatore.

Io credo che piacerà. Se sarà Teatro vero.

* questo articolo è stato pubblicato sulla rivista culturale oline goccedautore.it nel mese di luglio 2020

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