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Reti anche per il Teatro al tempo del coronavirus
di Grazia Napoli



Chiuse le sale, fermi gli spettacoli, bloccate le tournée, le compagnie ricorrono al web, per non fermare produzioni e creatività, per non interrompere il rapporto con il pubblico, per trovare nuove forme e nuovi canali di comunicazione, per rimanere in contatto con le altre compagnie.




La compagnia romana Frosini-Timpano, per far fronte e superare la quarantena, ha lanciato sul web la Rassegna di Teatro “#Indifferita, Coronavirus al tempo del "Teatro Contemporaneo Italiano”, una sorta di programmazione teatrale, una playlist aggiornata di continuo.

Elvira Frosini e Daniele Timpano, compagni sulla scena e nella vita, hanno accettato di rispondere ad alcune curiosità.

D: Una playlist sempre aggiornata, per portare comunque il Teatro al suo pubblico. Com’è nata l’idea e cosa contiene?

R: L’idea è nata per questa improvvisa mancanza e per il bisogno non tanto di continuare a vedere Teatro in questa modalità forzatamente surrogata, ma per guardarci dentro ed all’indietro e capire quanto è stato fatto, e come, e quando, da chi, e perché. Abbiamo cominciato, un po’ per caso, caricando sul nostro canale Youtube il video di un nostro lavoro del 2009, "Risorgimento pop", che stavamo cercando di riportare in scena a Roma, ma abbiamo deciso subito di allargare il discorso a tutta una storia, a tutto un panorama. Non siamo i soli a condividere video dei propri lavori online e sui social, in queste settimane.

D: Una vera e propria rassegna

R: Il nostro progetto si chiama “In differita” - il nome lo abbiamo preso da un lavoro di raccolta e presentazione al pubblico degli archivi teatrali in video, che aveva fatto una decina di anni fa Lorenzo Letizia, prima per il Festival "Contemporaneamente" di Roma e poi per "Sant’Arcangelo dei Teatri”. Il senso è già tutto nel nome. Siamo “in differita”, non dal vivo. Il teatro è già successo altrove, ne stiamo guardando e ricordando l’amata spoglia, la compianta salma, il bellissimo cadavere, ma la nostra è un’opera di thanatoprassi. Anzi, di esposizione di ciò che, un tempo, era vivo, nemmeno troppo sistemato per presentarlo in pubblico.

D: E come sta andando? Il pubblico vi segue?

R: I numeri delle visualizzazioni non sono di sicuro grandi numeri, ma la partecipazione e l’interesse ci sono. Si legge nei commenti sui social, in calce ai video, nei messaggi che ci arrivano in privato, come dalle richieste di essere inseriti in mailing list; come dai docenti di teatro e universitari, che ci chiedono di ricordar loro ogni settimana gli spettacoli scelti e dagli articoli e interviste, in cui questa piccola cosa che facciamo viene raccontata.

D: Proponete spettacoli solo vostri o siete in rete con altre compagnie?

R: La peculiarità è proprio che non apriamo il nostro archivio, come il Teatro dell’Elfo, o la compagnia di Latella, o il Teatro della Tosse, ma ci siamo auto-proclamati storici e direttori artistici, chiedendo ai colleghi di aprire gli archivi all’interno di una cornice e di un disegno di percorso inventato da noi.

La maggior parte dei video che presentiamo, infatti, sono materiali di lavoro, realizzati dalle stesse compagnie come documentazione e per presentare gli spettacoli a direttori artistici, che non sono riusciti a vederli dal vivo, nella prospettiva di vender delle date live in stagioni e festival teatrali. Spesso questi materiali sono utili agli studiosi di teatro, ma molto raramente sono pensati per essere fruiti da spettatori seduti sul divano come davanti a una Tv.

Il nostro è un sforzo simbolico di testimonianza e di riepilogo della storia quasi invisibile – nonostante sia in gran parte una storia ufficiale, niente affatto off o indipendente - del Teatro Contemporaneo Italiano degli ultimi 20 anni.

D: In cosa consiste la Rassegna “In differita”?

R: Sostanzialmente, nella segnalazione di uno spettacolo al giorno in video, articolata in una specie di 'programmazione', annunciata settimanalmente e riepilogata in una playlist complessiva la domenica, che si appoggia interamente su video già caricati online dalle stesse compagnie sulle varie piattaforme, principalmente Youtube e Vimeo, ma anche E-theatre ed E-performance.

Scegliamo solo spettacoli che non sono passati in televisione o usciti in dvd o su Raiplay, che chiediamo direttamente alle compagnie. Per vedere un lavoro, anche molto bello, come le sorelle Maccaluso di Emma Dante, basta infatti andare su Raiplay, dove si trovano anche alcuni eccellenti lavori di Celestini o di Paolini. Ma è davvero troppo, quello che rimane fuori. Tutta una storia. Tutto un panorama.

La nostra è una scelta ragionata, personale, parziale, che cerca di essere una curatela scrupolosa e coscienziosa. Partiamo da un lavoro che abbiamo visto di una compagnia che stimiamo e riteniamo sia stata un tassello importante di questa nostra storia, ne parliamo con gli interessati e decidiamo insieme cosa presentare. Tutto lavoro gratis che dovrebbe fare il servizio pubblico o direttamente il Ministero, sia per documentazione, sia per far circolare delle economie in un settore che - dal vivo - è ora in coma per decreto.

D: Il Teatro in Video non è proprio la stessa cosa del Teatro dal vivo. Voi avevate sperimentato con “Aldo morto” una sorta di collegamento in streaming. Un’esperienza che è servita per andare poi sul palco. Ora è possibile fare il contrario? Tornare dal palco al video con la stessa resa e lo stesso gradimento del pubblico?

R: No. Il video ha un suo linguaggio, che può essere utilizzato e ha una sua forza, ma il teatro ha un suo specifico, non facilmente definibile, tanto che a volte il teatro non c’è – secondo noi - nemmeno in molti spettacoli teatrali, ma lo ha indubbiamente.

Noi siamo i primi che hanno sempre avuto un certo interesse ad allargare tutto ciò che è intorno allo spettacolo, a svilupparlo intorno all’Opera, quel Sancta Sanctorum che è lo spettacolo teatrale.

D: In questo periodo di quarantena e interruzione degli spettacoli con quali altre compagnie siete in contatto per un progetto di rete teatrale?

R: Con molte di quelle presenti in “In differita”, per esempio. Cerchiamo di mantenerci in contatto costante il più possibile con i nostri colleghi, dal Nord al Sud del Paese, per capire come stanno affrontando la situazione, quali siano le specificità ed i rumors delle singole regioni, ed anche per capire come si stanno muovendo i vari teatri e Festival nazionali.

Una cosa che stiamo facendo, è cercare di scoprire chi sta chiedendo contenuti in audio o in video gratis e chi li sta invece pagando. Non abbiamo niente contro le pillole in video o in podcast audio, persino contro lo streaming, anche se nessuna di queste cose – sebbene possa contenere elementi teatrali – sarà mai Teatro, solo che un conto è farle in proprio e caricarle online sui propri canali gratuitamente, un altro che Teatri, Festival e Istituzioni li richiedano o commissionino senza pagare il lavoro richiesto, per di più in un momento come questo dove l’intero settore sta aspettando i suoi 600 euro o la cassa integrazione, o addirittura è in miseria perché non raggiunge i numeri e giornate sufficienti per esistere per l’Inps.

D: Come sarà e come sarà cambiato secondo voi il teatro alla fine della pandemia? Quale sarà la richiesta teatrale del pubblico?

R: Le ipotesi ci paiono due:
- il deserto sociale, tutti diffidenti, si esce di casa meno di prima e, soprattutto, ancora meno, usciti di casa, ci si va a chiudere in teatro;
- un bisogno di festa, di comunità, di ritrovarsi, di toccarsi, stare insieme, di bere una birra ed abbracciare i propri amici e familiari come di vedere dal vivo delle cose, compresi gli spettacoli teatrali.

Come sa chi va a teatro, chi ama il teatro, non solo il teatro avviene in scena, in uno spazio fisico, con la relazione tra attore e attore, tra attore e singolo spettatore, che vede le cose accanto ad altri spettatori, ma il teatro avviene anche prima e dopo lo spettacolo teatrale, è quella serata, è uscire, stare nel foyer, incontrare persone che conosci e sentire i discorsi delle persone che non conosci, discutere o ascoltare le discussioni dopo lo spettacolo, a volte anche rimanere insieme dopo lo spettacolo, per parlare del lavoro ma anche per parlare d’altro.

Il teatro è vivo solo dal vivo. Il che non vuol dire che dal vivo non possa anche annoiare mortalmente, ma questa è un’altra questione

* questa intervista, in forma più ampia, è stata pubblicata sul n. 85 della rivista culturale online goccedautore.it

  
  
  

 
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