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Nella “pancia” del Ponte Musmeci
di Grazia Napoli





Potenza,  Agosto 2013 - Una compagnia di 11 giovani attori, tre lucani e otto emiliani, diretti da Tanino De Rosa, lucano d’origine, bolognese d’adozione, regista, attore e formatore teatrale, fino al 2006 direttore artistico del Teatro San Martino e della Compagnia "Il gruppo libero" di Bologna. Esperto in pedagogia teatrale, lavora con gli attori, sperimentando nuove tecniche, in locations spesso inusuali.




A Potenza, per una residenza teatrale estiva voluta dall’ Associazione Basilicata 1799, che ha dato vita all’ anteprima dell’ormai affermato “Festival città delle 100 scale”, Tanino De Rosa e i suoi attori sono scesi ai margini della città, per ambientare al meglio “Quai Ouest” di Bernard-Marie Koltès, autore drammatico francese considerato tra i più importanti della fine del XX secolo, anche se poco conosciuto in Italia.  
Il set: la “pancia” del Ponte Musmeci, il ponte-monumento sul Basento alla periferia di Potenza, le zone adiacenti, l’interno delle spettacolari arcate, le arcate stesse. Uno spettacolo “itinerante”, in cui il pubblico segue gli attori, partecipa, si mescola alla scena, in un happening di un’ora e mezza. Uno spettacolo che ha comunque un testo drammaturgico definito. Racconta storie disperate e di degrado, che, man mano, si intrecciano. Personaggi solo apparentemente lontani, i cui destini si sfiorano, senza mai incontrarsi davvero. Una metafora delle contraddizioni sociali e dell’incomunicabilità moderna, che trova nella collocazione spaziale un valido aiuto.  Gli spettatori, seduti, in piedi o inginocchiati nella “pancia” del Musmeci scosso di continuo dal passaggio delle auto, hanno potuto assistere, in un’atmosfera semibuia, ad uno spettacolo davvero moderno. Sullo sfondo, appena visibile attraverso il cemento delle arcate: le luci di Potenza in una calda, poco affollata, sera d’estate. Una scena che man mano si sposta: vicino ad un ideale falò, accanto alla vegetazione che costeggia il Basento, vicino ad una baracca. Luoghi che possono facilmente far pensare all’ hangar vicino al porto in cui il testo è ambientato dallo scrittore francese. Tutto sembra in divenire ma fermo; tutto è sospeso e scarno; i destini di nativi, immigrati, ricchi, poveri, giovani, vecchi, si sfiorano in maniera tragica, come in tutte le anonime periferie descritte, con realismo e  visionarietà al tempo stesso, dagli autori metropolitani del ‘900.
Per gli allievi, una buona prova d’attore. Per gli ideatori del Festival, la conferma di un’intuizione: quella di poter valorizzare gli spazi abbandonati. Il recupero e l’utilizzo dell’area intorno al grande ponte d’accesso a Potenza è una delle costanti dell’ Associazione Basilicata 1799, che qui ha portato – in cinque anni di festival - spettacoli acrobatici, architetti e volontari, per costruire un giardino in movimento, grandi artisti con le loro installazioni post moderne. Ora il Teatro. Quello più moderno ed emozionante, perché più  vicino alla sensibilità del nostro tempo.








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