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Dai Volontari un aiuto ai più piccoli
di Grazia Napoli
E’ un vero “esercito pacifico”. Presente, energico, attivo, senza soste. E’ l’esercito dei volontari, che abbiamo imparato a conoscere nelle situazioni più disparate: dalle calamità naturali, alle emergenze di ogni genere, alla presenza silenziosa, assidua e costante in ogni necessità.
La pandemia ha reso i volontari più visibili, specie nei piccoli centri del nostro Sud, accanto a malati e anziani soli, nel primo Soccorso, negli Hub Vaccinali anti-covid, a supporto di cittadini, Operatori Sanitari e Protezione Civile. Hanno accolto, accompagnato, assistito e rassicurato anziani, disabili e anche i bambini. La vaccinazione nella fascia d’età tra i 5 e gli 11 anni è spesso diventata una festa, animata da clown volontari e colorata da palloncini e caramelle.
Sono Volontari di Associazioni grandi e piccole. Il più delle volte appartenenti a piccole organizzazioni, radicate profondamente sui nostri territori. Non tutte iscritte nei registri regionali, né tantomeno in quello unico nazionale che, al 31 dicembre 2021, conta 211 Associazioni. Quelle più strutturate e significative. Ma, è noto, è iniziata la “migrazione” verso il Registro Unico del Terzo Settore, in cui - si stima - potrebbero convergere oltre 230 mila Associazioni.
I dati Istat relativi al 2021, dicono che in Italia si dedicano al volontariato quasi 7 milioni di persone; più di 4 milioni attive in organizzazioni; solo l’ 8,6% al Sud. Il volontario tipo ha tra i 40 e i 60 anni e un’alta scolarizzazione, il 22,1% è laureato; il 14,8% ha un lavoro stabile; il 23,4% vive in una famiglia agiata. Ognuno dedica in media 19 ore al mese. Le donne sono le più impegnate e assidue. Gli ambiti con maggior numero di volontari sono quello Sanitario, seguito dal Socio-assistenziale e da quello Culturale e ricreativo.
Il loro è un lavoro al servizio di chi ha bisogno, di aiuto, di ascolto, di sostegno. Da non sottovalutare. Un settore solidale, che è una delle forze del nostro Paese, a livello sociale ed anche economico. La loro è una scelta di vita, di fede, di utilità. Nel Mezzogiorno, purtroppo, la Rete va ancora rafforzata e aiutata. La Fondazione per il Sud ha appena assegnato 3,4 milioni di euro con un Bando scaduto nello scorso mese di Maggio. Ne beneficeranno 152 organizzazioni impegnate al Sud, con un totale di circa 6.000 volontari, per svolgere e consolidare le proprie attività ordinarie. Sono state giudicate e scelte in base al radicamento, alla solidità ed all’esperienza dimostrati nelle comunità d’appartenenza.
Delle 152 organizzazioni, 76 sono calabresi, nelle province di Cosenza e Vibo Valentia; 33 siciliane, nelle province di Ragusa e Trapani; 22 in Sardegna in provincia di Sassari e 21 in Puglia, in provincia di Andria. Mancano in questo elenco possibili realtà Campane e Lucane. Che pure – siamo sicuri – esistano ed operino ad ottimi livelli. Magari non hanno un adeguato supporto da istituzioni e privati, come dovrebbe essere. Una forza territoriale maggiore aiuterebbe anche le piccole realtà a candidarsi a finanziamenti possibili ed esistenti. La sola Fondazione per il Sud, ha assegnato con precedenti iniziative proposte e realizzate in rete, 28 milioni di euro, per sostenere 409 iniziative.
Credo che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, abbia fatto esperienza di ciò di cui stiamo parlando. Dalle organizzazioni cattoliche, alle associazioni laiche, dalle cooperative sociali, alle piccole organizzazioni sul territorio, che si adoperano anche solo per aiutare gli anziani a fare la spesa, nei centri ormai spopolati del nostro Appennino meridionale. Perché è anche questo il problema. Disoccupazione, mancanza di sviluppo, emigrazione intellettuale, culle vuote stanno desertificando il Sud, che ha sempre più bisogno di una rete solidale organizzata. Aiutare chi rimane è un dovere non solo delle Istituzioni, ma di chiunque possa farlo. Basta scegliere un ambito, un progetto, delle belle persone con cui collaborare. Magari a rotazione sul territorio e nei diversi settori. Darsi, insomma, un obiettivo di “solidarietà collettiva”.
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