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La nuova solidarietà
di Grazia Napoli
Da: Spazio Sanità
Si aggirano discreti nei corridoi e nelle corsie degli ospedali. Hanno un camice, come tutti gli altri, e prestano la propria opera gratuitamente. Aiutano le persone sole; portano una parola di conforto; fanno compagnia. Ma non solo. Comunicano, cercano soluzioni ai problemi, spesso troppo grandi, di una burocrazia, che sovrasta chi soffre; aggregano giovani, meno giovani e chiunque sia dotato di tanta “buona volontà”. Rendono, comunque, un “servizio” ad una comunità, che non è solo quella ospedaliera.
Sono oltre tre milioni e mezzo in Italia i “volontari”. Un mondo sommerso, ma non troppo, che si sta cercando di conoscere e censire, almeno attraverso le associazioni regolarmente iscritte nei registri regionali, che attualmente sono, in totale, 8.803 e impegnano 316.000 persone. In Basilicata, sono 10.000 i volontari regolarmente iscritti ad una delle 120 associazioni registrate in Regione (il 4,1% del dato nazionale).
Una recente indagine dell’Istat sul 68,3% delle associazioni (6.017, che hanno risposto ad un questionario) ha cercato di tracciare un identikit del volontario italiano. Ma è un identikit ancora troppo parziale. La gran parte dei volontari è, infatti, iscritta ad Associazioni piccole, non registrate, che hanno, tuttavia, una grande forza territoriale e un forte radicamento nel sociale di centri, anche minori, della penisola.
Secondo l’Istat, sono più uomini che donne le persone dedite al volontariato, hanno tra i 30 e i 50 anni, un livello di istruzione inferiore, sono lavoratori dipendenti e risiedono al Nord, principalmente in Trentino Alto Adige e in Veneto; le percentuali più basse toccano alla Campania, al Molise, alla Sicilia e alla Basilicata. Più assidue nell’impegno le donne tra i 18 e i 34 anni, che si dedicano all’attività di volontariato almeno una volta alla settimana. L’area di attività più “frequentata” è quella sanitaria (47,74%), seguita dall’assistenza sociale (39,4%), dalle attività culturali una delle attività più “frequentata” è quella sanitaria (47,74%), seguita dall’assistenza sociale (39,4%), dalle attività culturali e ricreative (29,2%) e dalla protezione civile (15,3%). Il 32% dei volontari italiani opera negli ospedali, il 25% assiste assiduamente, anche a domicilio, un malato. Sono 400.000 le persone che hanno al loro fianco un volontario: oltre agli ammalati, gli anziani, i minori, gli handicappati, i tossicodipendenti, i poveri, gli immigrati, gli alcolisti…
E’ un lavoro di ascolto, di aiuto, di sostegno. Un “lavoro” dalla forte valenza sociale, che crea nuova “cultura della solidarietà”, dà un esempio di civiltà, avvicina le persone. E’ un mondo in crescita, quello del volontariato, che funge da “spina dorsale” del nostro sistema sociale; che non può essere ignorato, perché profondamente radicato, al di là della politica e delle fazioni, nelle realtà territoriali, di cui è componente strutturale; che va considerato, ormai, un “terzo settore”, da sostenere per se stesso e non perché aiuta o, qualche volta, si sostituisce, al Pubblico.
E’ compito delle istituzioni adeguare gli “aiuti” a questo mondo in espansione. Come in Basilicata, dove una legge del 1993 non riesce a rispondere alle nuove esigenze di questo settore. 80 milioni annui: questo il contributo, minimo, della Regione. I volontari hanno protestato, ma senza mai mollare e senza lasciare il proprio impegno. Un impegno, che andrebbe sostenuto, seguendone l’esempio. Un esempio di forza, di “voglia di fare e di esserci”: “per fare qualcosa di utile”, “per dare senso alla vita”, “per scelta di fede”, come i volontari italiani “giustificano” la propria scelta di “nuova solidarietà”.
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