Addio “Santa Maria”Divagazioni tra storia e nostalgia
di Grazia Napoli
Figura 1 - Torre Guevara
Il Castello dei Guevara, è il simbolo indiscusso dell’Ospedale “San Carlo”. La gloriosa sede di Santa Maria, distrutta dai bombardamenti della II guerra mondiale e caparbiamente ricostruita, destinata ora ad altri usi.
Un po’ di storia
Quella del rione “Santa Maria” è stata la seconda sede dell’ospedale “San Carlo”, che fu istituito, con decreto, da Gioacchino Murat, re di Napoli, il 2 ottobre 1810.
La prima sede fu il “Palazzo del Castello”, che i Conti de Guevara, signori della città, avevano ceduto, nel 1626, ai frati Cappuccini, per farne un convento, un ospizio, un’infermeria, un convalescenziario. Il nome pare derivi da quello del Santo, a cui i frati avevano dedicato una cappella, in onore di Carlo Loffredo, Conte di Potenza e figlio della benefattrice del convento, Beatrice de Guevara. Di quell’antica sede, oggi rimane solo la Torre Normanna , nel borgo “San Luca“, nel cuore della città. Torre che campeggia, stilizzata, anche sull’attuale logo dell’Azienda ospedaliera.
Figura 2 - Sede di Via Acerenza
Alla sua istituzione l’ospedale aveva 32 posti letto, per circa 23 ricoveri al giorno, di cui la metà militari e detenuti. L’arredamento era costituito dal solo letto; il personale: da un chirurgo, un medico e qualche infermiere. Nel 1812, l’ospedale aveva già un direttore di nomina governativa, Angelo Arace, stipendiato e dipendente dal Consiglio Generale degli Ospizi, che compilava ed eseguiva il bilancio e adempiva a tutti gli atti dell’amministrazione. Guadagnava 12 ducati al mese.
Il primo ampliamento dell’ospedale risale al 1857, anno di un disastroso terremoto. Dal 1862, per effetto della legge sulle “Opere Pie”, l’ospedale passò sotto l’amministrazione della Congregazione di Carità e poi, nel 1870, del Consiglio Provinciale. Nel 1871, ebbe la prima vera pianta organica: un Direttore Segretario con funzioni di Economo e Contabile, un Tesoriere, un chirurgo, un medico, un infermiere, una infermiera, un inserviente.
Un lascito di 500 ducati permise lavori di ammodernamento e ampliamento, nel 1883. Nel 1889, fu istituita una sezione di Dermosifilopatia e, nel 1896, una Sala Anatomica. Nel 1901, fu inaugurata la prima Sala Operatoria. Risale al 1905, invece, l’ingresso delle prime tre suore-infermiere, Figlie della Carità, che hanno servito l’ospedale, aumentando di numero negli anni, fino al mese di luglio del 1998.
Nel 1906 furono istituiti il Servizio di guardia permanente e un Gabinetto di Analisi. Tre anni dopo: un servizio gratuito per la cura del Tracoma e un Servizio di Lavanderia. L’ospedale fu anche dotato di un’apparecchiatura completa per la disinfezione. Dal 1913, il “San Carlo” ha una Farmacia interna anche notturna.
Figura 3 - La Cappella
Il decennio tra gli anni ’20 e ’30 fu di grande crescita per il “San Carlo”, che non solo venne ampliato nelle strutture, ma si dotò anche di professionalità adeguate, che, in breve, lo trasformarono da istituto di assistenza, in istituto scientifico. Nel 1931 fu regalata al “San Carlo” la prima autoambulanza; nello stesso anno fu assunta la prima donna medico: Teodolinda Casamassima.
E’ il periodo on cui crebbe smisuratamente la richiesta dei ricoveri: nel 1933, la capacità dei posti letto era salita a 135, divisi in cinque Reparti (Medicina Chirurgia, Maternità, Oftalmologia e Reparto Celtico), i ricoveri a 1.454 all’anno.
Fu per questo che l’amministrazione cominciò a pensare ad una sede più idonea di quella del Castello.
La sede di “Santa Maria”
L’idea iniziale fu quella di costituire al Rione “Santa Maria” una vera e propria cittadella sanitaria: gli istituti clinici Riuniti, che comprendevano i 18 padiglioni manicomiali, costruiti all’inizio del secolo, il Policlinico “Gianturco” e l’Ospedale “San Carlo”. Il trasferimento definitivo dal “Castello” avvenne nel 1938, in una nuova str uttura, che aveva una capacità di 250 posti letto ed era fornita di un impianto radiologico modernissimo, due sale operatorie e un reparto autonomo di Ostetricia e Ginecologia.
Poi arrivò la guerra. Prima l’ospedale funzionò a ranghi ridotti, con la maggior parte dei medici richiamati sotto le armi; poi, il 9 settembre 1943, crollò sotto i colpi del bombardamento: morirono un medico, due suore e un’ottantina di malati. I degenti scampati al disastro furono trasferiti nel vicino Istituto “Principe di Piemonte” e nel Tracomatosario del rione Verderuolo. La ricostruzione iniziò subito, nel 1944, ma non fu possibile trasferirsi nel nuovo ospedale “San Carlo” fino al 7 luglio 1957. La struttura interamente ricostruita poteva ospitare 280 letti e due divisioni chirurgiche; i ricoveri erano, in media, 9.000 all’anno. Una struttura modernissima per l’epoca e ispirata, nell’architettura e nella sistemazione dei Servizi, alla migliore tradizione di edilizia ospedaliera.
Figura 4 - Sa le Operatorie
Figura 5 - Sala di Radiologia
Figura 6 – Suore Vincenziane nella sede di Santa Maria
La sede di Macchia Romana
Figura 7 - Nuovo Ospedale di Macchia Romana
Il resto è storia di oggi. La crescente richiesta ospedaliera ha fatto individuare agli amministratori potentini, alla fine degli anni ’60, un’area che potesse ospitare un nuovo “San Carlo”, più moderno, funzionale e capace di qualificarsi come ospedale di alta specializzazione. Nacque il progetto di “Macchia Romana”. La sua realizzazione avvenne su un’area di 86.450 metri quadrati. I primi padiglioni, con il Reparto di Cardiochirurgia, furono inaugurati nel 1977. Ai tradizionali reparti preesistenti nel vecchio “San Carlo”, nella nuova struttura furono inaugurate la Neurochirurgia , l’Emodinamica, la Nefrologia, l’Ematologia. Dal 1993, è Azienda Ospedaliera regionale, istituita con decreto del Consiglio dei Ministri, che la individua come “ospedale di rilievo nazionale e di alta specializzazione”. Dotata degli apparecchi tecnologici più avanzati della medicina moderna; organizzata in Dipartimenti; punta ad una gestione sempre più manageriale. Vi lavorano circa 1.500 persone e la media dei ricoveri è salita a 36.000 all’anno. copre una superficie di 112.000 metri quadrati , mira a raggiungere una capacità di 1.130 posti letto.
Spazio alla modernità, dunque. Ma lo spiazzo antistante l’edificio di “Santa Maria”, il piccolo bar, gli alberi ormai secolari, l’ingresso con le lapidi e la statua di “San Carlo” rimarranno nell’immaginario di un’intera collettività. Simbolo dei passi faticosi della sanità lucana, in tempi poi non così lontani.
Figura 8 - Veduta aerea del nuovo
Figura 9 - I nuovi padiglioni a Macchia Romana
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